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22 dicembre 2005

DOV’ERA D’ALEMA DIECI ANNI FA?



Pubblico integralmente la lettera di Massimo D'Alema a l'Unità di ieri, 21 dicembre 2005: la considero un involontario quanto comicissimo spaccato dell'etica comportamentale di un uomo politico che, chissà perché, ha dimenticato la sequela di lutti, errori giudiziari e fumus persecutionis che improvvidi quanto stupidi apologeti apparentemente progressisti hanno denominato come Tangentopoli. Sorge spontanea una domanda: caro D’Alema, ma lei dov’era in quei magnifici anni? Sulla Luna ad inseguire, assieme al paladino Astolfo, il senno perso da Orlando in groppa ad un ippogrifo o sulla randa del suo sfavillante Ikarus? Ah, questi post comunisti ...


“Caro direttore Padellaro, vorrei ringraziare l'Unità per la correttezza dell'informazione a proposito della intricata questione delle scalate bancarie e in particolare in queste ore per ciò che mi riguarda. Vorrei approfittare della tua cortesia per alcune riflessioni su quest'ultima vicenda.
Ricapitoliamo i fatti. Circa due anni fa, non essendo nelle condizioni di pagare immediatamente la barca a vela di cui tanto si parla e si scrive, decidemmo, insieme ai miei soci, di ricorrere a un leasing. Il cantiere chiese di rivolgerci a una società di leasing con cui aveva già una esperienza di collaborazione. Così facemmo e aprimmo un conto presso la banca BPL (NdR: proprio l’istituto di credito di cui è stato amministratore delegato un certo Giampiero Fiorani fino al suo arresto da parte della Procura di Milano) che controlla detta società allo scopo esclusivo di versare mensilmente il canone.
Così come i nuovi dirigenti della banca hanno sottolineato, il conto è stato usato esclusivamente a questo fine e nessun'altra operazione è stata conclusa e mai è stato prelevato un solo euro.
Il contratto è un contratto normale, i tassi di interesse applicati sono quelli di mercato. Ho visto che qualche giornale dice che da questa vicenda vi sarebbero motivi di imbarazzo per i Ds. Perché mai? Vorrei rassicurare i lettori dell'Unità che il Presidente dei Ds non ha ricevuto affidi né guadagnato soldi ma ha solo pagato con gli interessi, come un normale cittadino. Insisto: perché dovremmo essere imbarazzati?
Per diversi giornali la vicenda è l'occasione per riproporre il tormentone della barca. Il tormentone è nuovo, ma la barca è sempre la stessa. Quella stessa per la quale reiteratamente vengo perseguitato e additato alla pubblica riprovazione.
Come se, dopo trentasei anni di lavoro, mia moglie e io non potessimo destinare i nostri risparmi al possesso (per ora all'affitto) di un terzo di una barca a vela. Così come altri comprano una casa in campagna o altre cose.
Fiorisce un falso moralismo fatto di insinuazioni, sospetto e volgarità che è soltanto un modo spregevole di condurre la lotta politica e di aggredire sul piano morale gli avversari.
Ho letto che un paio di vecchi compagni si sono abbandonati anch'essi alla reminiscenza delle austerità del passato contro il lusso intollerabile del presente.
È vero, anche io sono il figlio di un funzionario del Pci e mi ricordo che cinquant'anni fa si viveva più poveramente e con minori opportunità rispetto a oggi. Questo è vero per tanti italiani ed è anche merito del lavoro e dei sacrifici di quella generazione.
Certo non tutti vivono meglio e noi lo sappiamo, tanto è vero che non abbiamo cessato di batterci per migliorare la vita di quelli che stanno peggio, né di destinare all'impegno politico tutto il nostro tempo e una parte non piccola di ciò che guadagniamo.
Quanto al passato, ricordo più di un compagno appassionato velista e proprietario di barca a vela, forse più piccola della mia, ma anche perché io non ne sono l'unico proprietario.
Insomma c'è molta retorica e molta falsa coscienza. La differenza più marcata è forse il fatto che tanti anni fa le campagne scandalistiche su «l'isola di Berlinguer» o «la villa di Nilde Iotti» erano confinate in un segmento irrilevante della stampa dell'estrema destra. Mentre oggi sembrano appartenere a un malcostume purtroppo più diffuso che è, questo sì, una forma di degenerazione della lotta politica.
Lasciami infine sottolineare un aspetto preoccupante di questa vicenda. Come ci hanno segnalato anche giornalisti dell'Unità la notizia dei miei conti bancari circolava prima del comunicato della Banca popolare italiana che, appunto, ha inteso correttamente intervenire per fornire una versione esatta dei fatti. Chi ha diffuso questa notizia? Chi ha indagato senza alcun mandato della magistratura su notizie che sono riservate e che attengono alla privacy mia, della mia famiglia e dei miei amici? Chi ha distribuito a taluni giornali le fotocopie dei miei estratti conto?
Sia chiaro, come si è visto non ho nulla da nascondere. Ma ti assicuro, la sensazione di essere spiato, minacciato anche attraverso mezzi illeciti è estremamente sgradevole e mostra quanto vi sia di torbido nelle vicende in corso e nel tentativo di strumentalizzarle contro il nostro partito e i suoi dirigenti.”

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