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26 ottobre 2005

DIMMI CHI ERANO I MADNESS, OVVERO LE VERE ORIGINI DEL RUGBY



Chi, come il sottoscritto, veleggia baldanzoso verso le 50 primavere, ha ricordi a volte nitidi della sua gioventù. Come una Silvia di leopardiana memoria ho avvertito una scudisciata nel profondo delle mie viscere quando, nel prologo della finale inglese di Super League di rugby a 13 fra i Leeds Rhinos ed i Bradford Bulls, li ho visti ricomparire. Chi? Ma i mitici Madness!
Tutto comincia con la mia recente trasferta anglosassone. Ero lassù nel profondo Lancashire, all’Old Trafford di Manchester, per ammirare le gesta di uno sport quasi sconosciuto a noi continentali europeidi.
La palla ovale fu al centro di una contrapposizione feroce, due secoli or sono, fra contadini e minatori del Nord d’Inghilterra. Alla domenica i primi potevano dirsi liberi dalla schiavitù della coltivazione intensiva delle terre, mentre i secondi, sottoposti ad angherie inimmaginabili a noi comuni mortali del secolo XXI, dovevano chiedere un permesso speciale ai loro aguzzini pur di ritagliarsi lo spazio per la partita.
Agli albori della rivoluzione industriale, ogni domenica alla fine dell’estate, dopo pranzo, in ogni villaggio a Nord di Londra, un tredici contro l’altro - ventisei mani callose contro altre ventisei mani callose - si sfidava accanitamente finché non sopraggiungeva, salvifico come un Dio benigno, il tramonto.
Sei azioni alla mano da una parte, sei dall'altra: l'obiettivo finale è di mettere oltre la maledetta linea nemica quella maledettissima palla ovale, i calci col piede sono però molto più rari che nel rugby a 15. Vince chi ha più fiato in corpo ma, ciò che più conta, chi ha mani più veloci nello spostare in continuazione da un versante allaltro, alla ricerca spasmodica del varco vincente dove catapultarsi, ebbri di gioia, con l'ovale incollato al proprio corpo.
La frenesia la fa da padrone e lo spettacolo ne risente positivamente, eccome!
All’inizio fu, soprattutto, contadini contro minatori. Ma non per molto. Il comune senso di solidarietà fra lavoratori fece sì che questa bellissima attività ludica, più che uno sport di squadra, diventasse una grande festa.
Botte ce ne furono e ce ne sono tutt’ora, al punto che i due fisioterapisti corrono in continuazione da un versante all’altro del campo per soccorrere quei contendenti vittime di scontri brutali.
Ma, sia all’inizio che alla fine delle gare, due secoli fa come oggi, giocatori e tifosi si uniscono in un abbraccio collettivo fra cori assordanti e bevute pantagrueliche.
Oggi, alla mia prima finale di Super League, avanzano a centrocampo loro, i più geniali interpreti della musica ska, di gran moda persino nella nostra sonnacchiosa penisola nei primi Anni Ottanta: i Madness di “ONE STEP BEYOND”!
Lee “kix” Thompson, il vecchio leader del gruppo, s’impadronisce subito della scena: il megaschermo della curva lo riprende mentre, gli occhi socchiusi, tamburella energicamente sul bocchino del suo sassofono. E’ solo un momento. Poi il celebre assolo che accompagnò decine di nottate insonni passate a progettare il mio futuro s’invola nel cielo insolitamente terso di Manchester: io, i miei amici, tutti sono in delirio, siamo tornati giovani e allegri come la loro musica!
Grazie a te, magico kix, ai tuoi adorabili colleghi, alla folla sfrenata seppure composta nel suo entusiasmo quasi infantile, a voi, giocatori di rugby a 13 che avete dato vita a una finale appassionante: quanta voglia di vivere è ritornata in me, dopo questo indimenticabile sabato inglese!

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