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18 aprile 2004

MORIRE DA ITALIANO O …

La frase detta in punto di morte da Fabrizio Quattrocchi, opportunamente registrata su video, é un fatto e si discute adesso se morire da italiano è diverso dal morire da americano, iracheno, israeliano, palestinese. Averlo detto nel momento supremo, provando a gettar via la kefiah che nasconde agli occhi spaventati la mano assassina, é senz’altro da eroe. In quel tragico attimo Fabrizio avrà provato lo stesso dolore che Achille, l'impavido l'eroe, raccontò a Ulisse: meglio trascinare una vita di stenti nel fulgore della luce che aggirarsi nell’Ade fra le ombre. Credo che morire da italiani davvero non faccia la differenza, non l'ha fatta a Cefalonia coi tedeschi assassini che presentivano la sconfitta, non la fa in Iraq per mano di questi bastardi nazionalisti islamici a noi così profondamente sconosciuti. Morire da ostaggio inerme é il peggiore degli eventi che possano capitare a un qualsiasi essere umano. Quattrocchi non era laggiù per un'idea di patria, bensì per guadagnare un ingaggio ben retribuito che avrebbe consentito il matrimonio e la casetta in campagna E’ morto da italiano? Forse sì! Il povero Quattrocchi avrà comunque vissuto fino in fondo una mancanza di senso di quella sua vita che un assassino disgustoso stava per spegnere. Quanti di noi vorremmo morire da eroi, proprio così!

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