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02 marzo 2004

LA VEDOVA PETRI E I SUOI AGUZZINI

Oggi è trascorso un anno dalla cattura di Nadia Desdemona Lioce, leader delle Brigate Rosse, e dalla morte eroica di Emanuele Petri, valoroso e sfortunato agente aretino della PolFer che contribuì con la sua vita a quella cattura.
Ascoltare la vedova in televisione è parso a molti italiani come respirare una boccata d’aria pura. “Bando alle ciance, questa è una donna vera!”: molti di noi avranno pensato stringendosi idealmente a lei in un abbraccio forte.
Forte come l’amore che dimostra al suo uomo, questa straordinaria figura di moglie e madre in fuga perenne dalla demagogia, dalla vigliaccheria, dal vuoto a rendere che certi media trasmettono con il loro disfattismo verso l’Italia un giorno sì e l’altro pure.
Forte questo abbraccio, lo è da parte mia, come l’odio profondo che provo verso quei brigatisti che, come la Lioce o la figlia dell’ineffabile compagno giudice Saraceni di Roma, incassavano ottimi stipendi da parastatali e lottavano impavidi contro lo Stato, da loro munto fino all’ultimo giorno prima della sospirata – da noi, cittadini sani, s’intende! – cattura.
A voi, miserabili vigliacchi, la maledizione eterna di chi crede ancora nelle istituzioni e sta dalla parte di Emanuele Petri, che è morto da eroe per inchiodarvi tutti al vostro squallido destino di travet della rivoluzione proletaria comunista!

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