Vincere un derby dà spesso al tifoso della prima squadra di calcio meneghina meravigliose sensazioni. Pensi a chi hai battuto, ai cari e incorreggibili bauscia nerazzurri di Milano. Pensi alla leggendaria presunzione dei loro dirigenti, calciatori e tifosi. Al loro nuovo mister, Josè Mourinho, uno che non ama perdere nemmeno a moscacieca con i suoi pargoli: figuriamoci la prima vera gara importante della sua nuova carriera italiana!
Ebbene, il Milan onusto di gloria, fin qui più simile a un pugile suonato da troppe battaglie sul ring che a una squadra realmente da scudetto, ha vinto e convinto. Un solo gol di scarto, scaturito al 36° su un colpo di testa imparabile del Gaucho sotto la nostra Curva Sud, non spiega a sufficenza perché abbiamo vinto noi e non loro. Da una parte s'è visto lo spirito di sacrificio della formazione di Carlo Ancelotti, dall'altra l'esagerata confidenza nei propri mezzi dei cugini sconfitti.
Ibra e i suoi avevano l'aria di chi, avendo vinto sa solo Iddio come tre scudetti consecutivi dopo anni di digiuno imbarazzante da giustificare per il loro blasone, è convinto di essere il più forte squadrone della terra. Nel nostro Milan invece s'annidava negli sguardi di tutti quella tigna di chi è abituato da anni, ormai, ad affrontare fior d'avversari nelle sfide all'OK Corrall come le tante semifinali e finali di Champions o d'Intercontinentale.
Seedorf, Kakà, Gattuso, Pato ma soprattutto i rinati Ronaldinho e Abbiati hanno polverizzato, in novanta minuti di fiero combattimento, le illusioni di un'altra stagione in discesa nutrite dai nostri dirimpettai. Il primo squillo italiano del Gaucho, ne sono certo, popolerà i loro incubi notturni per un pezzo!
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