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26 marzo 2005

UN’ITALIANA DA RADIARE

Si chiama Luana Benini la cronista dell’Unità che ha raccolto in questi giorni la testimonianza di un partigiano doc, di quelli cioè presenti a tempo indeterminato ad ogni celebrazione della Resistenza al Fascismo.
La suddetta collega ha contravvenuto ad una regola fondamentale del giornalismo: non si è ricordata, cioè, di verificare l’esattezza delle accuse rivolte al padre del governatore del Lazio, Francesco Storace.
“Mi portò alla casa del fascio, mi legò ad una sedia e mi picchiò selvaggiamente” così l’ottuagenario – una bella personcina davvero! - si è scagliato, a distanza di decenni dall’episodio, contro il padre mancato un anno fa del candidato di centrodestra alle elezioni laziali.
Peccato che, all’epoca dei fatti, Storace padre avesse solo 12 anni e, invece che nella Capitale, risiedesse a Sulmona.
Ma l’intrepida (si fa per dire!) collega non si è posta il problema di controllare la veridicità delle fonti – bastava informarsi sulla data di nascita del papà dell’uomo politico di AN, semplice, no? - e la frittata si è compiuta.
Il quotidiano della Benini, di per sé il peggiore nel variegato mondo dell’informazione nazionale per via della sua faziosità illimitata, ha pubblicato la notizia col massimo risalto possibile nell’edizione di giovedì scorso.
Solo ieri Antonio Padellaro, il direttore, si è sentito in obbligo, spinto da molti esponenti della sua parte politica, di chiedere pubblicamente scusa.
E brava Luana! L’errore gravissimo che hai commesso non dovrebbe salvarti dalla radiazione dall’Albo dei Giornalisti Professionisti, questo gotha di intoccabili abituati a facili guadagni a fronte di bestialità inaudite.
Personalmente ti augurerei una pena ben più grave: la radiazione dallo status, che non meriti, di cittadina italiana.
Le provocatrici di professione come te questo, e non altro, meriterebbero: di essere considerate apolidi.
Ma siamo in Italia e, purtroppo, quel che ho appena scritto è solo un sogno, come tanti altri, destinato a non realizzarsi mai.

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