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08 dicembre 2004

TORINO E CERTE ERBACCE DA ESTIRPARE

Un’importante organizzazione di primi cittadini provenienti da tutto il mondo, l’inglese “CITY MAJOR”, ha rivelato questa settimana l’indice di gradimento dei sindaci delle più prestigiose città europee.
Il fatto che ai primi posti della classifica ci sia un certo Sergio Chiamparino, che a sentire gl’inglesi sarebbe ritenuto dalla maggioranza dei torinesi un valido ed affidabile amministratore, può sorprendere solo chi non conosce da vicino usi e costumi in auge sotto la Mole.
A poco più di un anno dal salto nel buio delle Olimpiadi invernali, il sindaco di Torino si trova a lottare con ampi settori della sua stessa maggioranza per salvare il salvabile di una città alla disperata ricerca di una precisa identità. Lo sta facendo con un basso profilo semplicemente esasperante per i pochissimi che hanno a cuore il futuro dell’ex capitale dell’auto: però, come nota perfidamente qualcuno, lui è sempre ben pettinato e viene bene nelle foto o in TV, quindi …
Quindi l’unica ricetta possibile dovrebbe essere: mutismo e rassegnazione? Giammai!
Alcuni anni prima di morire, l’Avvocato Gianni Agnelli aveva deciso di abbandonare al loro destino gli stabilimenti di Mirafiori, lesinando sempre più sugl’investimenti nel ramo auto e decretando di fatto il ridimensionamento della FIAT.
Abituati a seguire pedissequamente le sue indicazioni, imprenditori e politici sabaudi ancora non si sono ripresi dalla dipartita del loro prestigioso protettore e, rimasti orfani inconsolabili, nemmeno provano a scuotersi da un’accidia atavica e lamentosa.
La maggioranza di centrosinistra intanto mantiene ben saldi i poteri sul territorio. A dimostrarlo basta osservare il poco spazio riservato dai media cittadini - quotidiano LA STAMPA su tutti – agli scandalosi dissesti finanziari della Fondazione dell’Ordine Mauriziano, presieduta dall’onorevole di stretta osservanza scalfariana Emilia Bergoglio, e del TOROC, gestito finora con sfacciato lassismo dall’ex sindaco Valentino Castellani.
Per comprendere meglio i motivi della popolarità del sindaco Chiamparino, personalmente estraneo quanto meno al primo degli scandali di qui sopra, basta passeggiare, nel centro del capoluogo piemontese, un qualsivoglia sabato mattina all’ora dell’aperitivo.
Portici di Via Roma: una lunga fila di negozi ridondanti di ogni ben di Dio dove i commercianti attendono sconsolati l’ingresso di qualche cliente, normalmente uomini ben abbronzati dallo sguardo stranamente inespressivo, radical chic del precollina vicini di casa dell’attuale direttore dell’Unità, giovani scialacquatrici anoressiche della buona borghesia o attempate signore residenti alla Crocetta o a Santa Rita.
Musei, mostre, teatri sono tristemente deserti: chi li frequenta mai, visti i prezzi a dir poco sconvolgenti per il risparmioso “generone” sabaudo? Meglio Porta a Porta in TV, o la partita della Juve (gratis, però, con la parabola clandestina procurata dall’amico tuttofare) o ancora chissà cos’altro pur di non spendere, neh!
Più tardi, di sera, cambia tutto. Sembra che le gabbie di un’ipotetica Comèdie Humaine del XXI Secolo siano appena state spalancate: ne escono gl’invasori, le cavallette delle Periferie e della Prima Cintura!
Si tratta di gente di ogni età, genere e razza che vaga, annoiata, di qua e di là, con l’aria del “vorrei, non potrei ma …”.
Finiscono inevitabilmente per acquistare l’ultima marca di cellulare o di playstation, per fare mutui gravosissimi pur di garantirsi il prossimo viaggio esotico, per formare file lunghissime davanti alle ricevitorie del lotto e alle sale giochi, per bighellonare e niente più.
Loro preclara specialità è l’utilizzo delle auto, comprate a rate decennali, per intasare, dalle 22 alle 24, le strade e i corsi principali. Si sparano le pose, parcheggiando dove capita, appena intravedono qualche amico appena giunto nella metropoli dalle vicine Trofarello, Cascine Vica, Mappano o Alpignano.
Questa è il sabato medio di un autoctono di Torino e provincia, alla fine del 2004: senza riferimenti culturali precisi, al primo posto viene il ventre a stretto contatto col portafoglio. Cosa gli può importare dell’attuale sindaco, della maggioranza che lo sostiene e delle sue diatribe col territorio?
Appena fuori dalla cerchia del centro storico, Torino cambia faccia, ahimè, in modo ancor più avvilente. Quartieri un tempo graziosi come San Paolo e Pozzo Strada, Vanchiglia e Millefonti, sono ormai irrimediabilmente deturpati, soffocati dai lavori in corso e dalla sporcizia, nell’indifferenza colpevole dei vigili urbani, i superburocrati del divieto di sosta selvaggio.
Imprese di costruzione nate come funghi, in regola o no (nessuna meraviglia se qui ogni tanto ci scappa il morto in cantiere o se geometri compiacenti scappano nelle Antille olandesi con gli anticipi di futuri piccoli proprietari!) edificano di tutto su ogni porzione di suolo disponibile nel vasto territorio comunale.
In questa Torino, sconosciuta a chi non vi risiede, la qualità della vita sta sprofondando a livelli di metropoli da terzo mondo: i residenti lo sanno ma non muovono un dito per reagire al disastro incipiente.
Gl’immigrati stranieri, i meno colpevoli di questa situazione caotica, sembrano condannati al confino: lasciano le loro modeste abitazioni al mattino presto, per tornarvi stanchi morti la sera tardi, riempiendo disciplinatamente i bus ed i tram, mentre quasi nessuno sembra curarsi di loro.
Stride al loro confronto quella fascia di popolazione indigena, composta in prevalenza da ultrasessantenni pensionati, tutti con casa di proprietà, tessera della triplice sindacale e frequentazione molto interessata delle bocciofile create ad arte negli Anni Settanta, con denaro pubblico, dall’ex sindaco cattocomunista Diego “Crisantemo” Novelli.
Costoro sono lo zoccolo duro dell’elettorato di sinistra a Torino da decenni, ed il loro egoismo becero ingessa qualsiasi apertura sociale: guai se un immigrato lavoratore non cede loro il posto sui mezzi pubblici! Diventano belve assetate di sangue islamico, i veteromarxisti subalpini, quando i nuovi arrivati sul suolo patrio osano importunarli!
In compenso i loro animali domestici coprono i marciapiedi delle vie in cui abitano del loro nobile sterco e, sempre più spesso, indifferenti agli sguardi altrui, aprono le loro patte unte per inondare il cosiddetto suolo pubblico con la loro pregiatissima orina.
“Ma che diamine - protestano con le loro facce di bronzo - siamo anziani e abbiamo lavorato una vita!”. Hanno occhi da cernia lessa, questi sporcaccioni sabaudi che distruggono, giorno per giorno, una delle più belle città d’Europa.
Agli stranieri, invece, toccano in esclusiva i lavori più umili, mentre i licei e le facoltà universitarie pullulano di squallidi esemplari indigeni dell’analfabetismo di ritorno. I loro genitori placidamente si limitano a riempirli di vettovaglie, chincaglierie tecnologiche, a mantenerli ben oltre i 25 anni, ma mai provano ad educarli alla vita: che grave scandalo se ciò accadesse!
A tutti questi bei soggetti che intossicano l’aria di Torino molto più dello smog dei riscaldamenti a gasolio o a carbone, qualcuno, magari l’attuale opposizione di centrodestra in Sala Rossa, dovrà pur domandare un giorno ragione dei danni provocati a vario titolo all’immagine della città.
Osservando tutti i giorni il gregge inespressivo dei suoi pigri residenti, Torino dovrebbe puntare decisa a soddisfare le esigenze di quei pochi che ancora vi lavorano.
Dovrebbe essere più vivibile, più pulita, meglio controllata e meno sporca dell’attuale: tutto ciò ha un costo, soprattutto, in termini d’impegno per i suoi amministratori.
Ma saprà Torino trovare il coraggio di voltare finalmente pagina emarginando, una volta per tutte, coloro che hanno distrutto la sua identità economica, sociale e culturale?
Ne dubito!


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