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03 maggio 2004

17: PROPRIO UN BEL NUMERO!

Il diciassettesimo titolo nazionale vinto ieri al cospetto dell’indomabile squadra inseguitrice, la Roma di Capello e Totti, ha davvero un sapore speciale per noi tifosi rossoneri. Giunto al termine di una cavalcata spettacolare, frutto di un modulo di gioco inedito per il calcio nostrano rappresentato dal rombo a centrocampo, questo scudetto è merito di un gruppo di campioni perfettamente motivati da una dirigenza appassionata e competente come poche altre nella storia del calcio moderno.
Lo scontro diretto di ieri, davanti ai nostri tifosi, era un piccolo grande vantaggio da non sottovalutare: tutto San Siro, a parte quel piccolo spicchio formato dagl’incivili eredi della suburra neroniana - gentaglia cui andrebbe impedito l’accesso a qualsiasi rettangolo di gioco, dal Testaccio all’Istria, da Salaparuta all’Ostiense - è stato un supporto molto importante per tutto l’incontro, se non addirittura decisivo. I novanta e più minuti di tifo incessante hanno trascinato sin dall’inizio i neo-campioni d’Italia e la rete che ha deciso l’incontro ha premiato la squadra più tecnica del 2003/2004.
Un’azione a quattro tocchi, con Costacurta che cambia fronte del gioco servendo Cafù sulla fascia destra, con il Pendolino brasiliano che fugge palla al piede affiancato da Ricardo Isakkson Leite detto Kakà e gli consegna la sfera esattamente quando è il momento per farlo.
Qui il 21enne atleta di Cristo compie un pregevole dribbling lasciando sul posto due difensori giallorossi e, arrivato sulla line di fondo, crossa a rientrare: per Shevcenko, lasciato colpevolmente solo al centro dell’area, è un gioco da ragazzi incornare da fermo nell’angolo alla destra del povero Pellizzoli.
Il resto della partita è stato un monologo e non servono a nulla le recriminazioni di giocatori e dirigenti giallorossi per il rigore non dato al 48° - a moltissimi minuti dalla fine per risultare decisivo – ad una Roma troppo frastornata e poco reattiva per poter credere di battere il Milan tetragono e ispirato di ieri.
La pioggia copiosa al termine dei 98 minuti di gioco ha bagnato tutti noi festanti e, in particolare, Carlo Ancellotti è stato sballottato su è giù dai suoi giocatori riconoscenti in segno di trionfo: per essere un perdente nato, come qualche tifoso da bar a strisce bianconere insinuava fino a poco tempo fa, non è male!

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