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20 febbraio 2004

QUANDO IL GRANDE PARON . . .

Vorrei tanto che, domani sera, in occasione del derby della Madonnina, i campioni rossoneri di Berlusconi ed Ancellotti si battessero con grinta e classe in memoria del grande Paron Nereo Rocco. Oggi sono 25 anni esatti che se n'è andato in Paradiso. L’allenatore triestino fece vincere scudetti e Coppe in quantità industriale ad una società, allora, considerata alla stregua di una sorella minore rispetto all’Inter bausciona della famiglia Moratti.
Sguardo vagamente ironico e battuta sempre pronta, il Paron, come lo soprannominavano scherzosamente i cronisti sportivi dell’immaginifico giornalismo degli Anni Sessanta, fece di Rivera, Rosato, Lodetti, Shnellinger, Prati, Benetti e tanti altri giovani in erba grandi ed inimitabili uomini, prima ancora che campioni.
Conservo nitida un'immagine di lui nella memoria: ero al vecchio Comunale di Torino, posto rigorosamente in piedi dietro alle panchine, dopo uno Juve-Milan vinto per 3 a 2. Sotto un diluvio di fischi della curva bianconera, adirata con i suoi giocatori per l’inopinata sconfitta, Rocco, impermeabile appoggiato al braccio, si reca negli spogliatoi al temine dell’incontro.
All’improvviso la sua figura massiccia si ferma, guarda in alto gli ultras avversari, fa un inchino e scappa verso il tunnel: un mito!!! Il Paron se n'è andato proprio nell'anno della conquista della stella del decimo scudetto da parte di un Milan subito dopo destinato al lungo calvario delle retrocessioni in serie B. A San Siro, domani, la Fossa dei Leoni ed i Commandos Tigre, colonne insostituibili del tifo milanista, ricorderanno con affetto Rocco: chi invece abita o vive a Trieste e dintorni, mi raccomando, vada a ringraziarlo e a dire una preghiera sulla sua tomba! Io lo farò questa estate, di ritorno dall'Istria dove andrò in vacanza, e ci porterò mio figlio 12enne, perché gonfi il petto, dopo, quando dirà giustamente orgoglioso agli amici: "IO TENGO AL MILAN!".

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