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22 settembre 2003

UN PARADISO DI NOME LADINIA

Italia, estate del 2003: sui giornali o in TV afa, noia e confusione regnano sovrane nei consueti servizi sul popolo fremente dei vacanzieri, ma per chi anela disperatamente ad un periodo di pace e riflessione in mezzo alla natura, fortunatamente, le alternative non mancano.
Una di queste si chiama Ladinia: a comporla sono quasi trentacinquemila abitanti, sparsi nelle cinque valli di Fassa*, Gardena, Badia**(in provincia di Bolzano), Livinallongo con Colle Santa Lucia, e di Ampezzo***(nel Veneto), tutte facenti parte dell´Austria fino al 1918.
Divennero italiani dopo gli aspri combattimenti durante la Prima Guerra Mondiale, rifiutandosi di condividere le sorti dell’impero austroungarico, ormai destinato al declino, che li aveva sempre considerati sudditi, e nulla più.
I ladini sono una minoranza etnica che sa difendersi abilmente dagl’innumerevoli rischi della globalizzazione e, per averne conferma, basta osservare la loro bandiera, tricolore a bande orizzontali: azzurra come il cielo, bianca come la neve e, soprattutto, verde come la distesa infinita dei pascoli alpini, prima risorsa di un’economia che li vede abili imprenditori di se stessi.
La loro lingua ha origini avvolte nel mistero e nessun filologo ha finora spiegato con certezza il suo ceppo di provenienza: nasce dalla mescolanza in apparenza caotica di vocaboli lombardi, veneziani, tedeschi e slavi ed il risultato finale sorprende per la musicalità giocosa.
L’attaccamento tenace alle proprie valli, alle montagne dolomitiche ed al duro lavoro nei pascoli fa sì che i ladini difendano con le unghie e coi denti le proprie tradizioni secolari dall’ignoranza atavica di possibili invasori.
Mi riferisco, naturalmente, al popolo bue delle città di pianura che danni irreparabili hanno causato in altre zone montane della penisola: perennemente abbruttite da scempi edilizi che gridano vendetta, queste comunità ospitano per pochi mesi l’anno troppi individui che importano le loro pessime abitudini cittadine e non sembrano, o meglio, non vogliono accorgersi dell’ambiente che li circonda.
Questi novelli vandali sono privi di educazione al rispetto delle bellezze naturali e paesaggistiche della montagna, ma in queste ridenti valli del Nord Est italiano non hanno mai messo piede.
Con il sorriso sulle labbra e con grande fermezza, i ladini offrono ai molti turisti (quasi 9 milioni nel 2002!) camminate o arrampicate di ogni tipo nella loro natura incontaminata, splendidi concerti delle bande musicali presenti in ogni piccolo centro e autentico fulcro delle comunità locali, e simpatia innata: ma pretendono, com’è giusto, rispetto per il territorio in cui vivono.
Stare in mezzo a loro anche solo per pochi giorni ogni anno significa imparare come si vive bene nelle comunità dove l’Uomo, quello con l’U maiuscola, è al centro di tutto.
Un esempio della loro generosità? Il 31 agosto i venticinque gruppi folkloristici più celebri si esibiranno nel consueto festival di fine estate a Canazei, in Val di Fassa, per raccogliere fondi fra la popolazione locale ed i turisti presenti da consegnare a Carlo Spagnolli, insigne chirurgo trentino che dona da quasi dieci anni il suo talento indiscusso alla popolazione del lontano Zimbabwe.
Dove l’AIDS fa strage, il piccolo e fiero popolo dei ladini porterà così la testimonianza della generosità senza frontiere che contraddistingue le minoranze etniche e linguistiche in tutto il mondo.
*http://www.istladin.net/
** http://www.altabadia.it/ladins/index.html
***http://www.ladins.it/

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